Dino

di Drazan Gunjaca

Non ho scritto nulla da mesi. A dire la verità, non ricordo l’ultima volta che mi sono messo a scrivere. Dapprima scrivevo per riflettere sulla realtà in cui vivo, più tardi, è stata la stessa realtà a riflettersi in quello che scrivevo, il che raramente può finire bene. Purtroppo, non sono stato un’eccezione a questa regola mai scritta, anche se ho cercato di esserlo… Come ho detto in uno dei miei libri, le eccezioni confermano la regola, ma per quando agguanto lo status di eccezione, mi avranno già distrutto.
Comunque, questa non è la mia storia. Non è neanche un racconto. È… non ho la più pallida idea di cosa sia. So soltanto che stamattina non ho bevuto il solito caffè, senza il quale non connetto, non funziono. Non funziono nemmeno ora. Dunque, mentre ero seduto a un tavolo sulla terrazza del solito bar, aspettando con ansia il mio primo caffè, ho assistito a una scena di fronte al bar superata soltanto dal destino stesso.

Conosco Dino da parecchio tempo. Dino è parte dell’inventario di questo bar e dei negozietti circostanti. Tanto che nessuno lo nota più. Gira sempre intorno a noi, qualche volta gli paghiamo da bere, scambiamo qualche frase senza senso… Nessuno sa precisamente quanti anni ha. Probabilmente venticinque o ventisei. Dino è cerebroleso. Dalla nascita. Una forma “leggera”. Di quelle che non ti costringono su una sedia a rotelle. Dino sorride sempre, anche se nessuno sa perché. Ma poi, visto che abbiamo perso l’ottimismo, è bello vedere una faccia sorridente, anche se non sappiamo cos’è che lo mette di quest’umore poco comune. Dino è… Dino.
Come ogni mattina, Dino era qui anche questa volta. Accanto a noi. Quasi. Stava seduto una decina di metri più in là, accanto all’edicola, sullo sporco ripiano di cemento, e piangeva. Piano, sotto voce, con un’espressione strana… un dolore che nessuno capisce. Nessuno sapeva perché stesse piangendo. Ho aspettato che smettesse, che mi sorridesse, per poter finalmente bere quel caffè che era sul tavolo da un bel po’… Inutile. Dino continuava a piangere. Poi ad un tratto, unì le mani come se stesse pregando… Il primo sorso del caffè ormai freddo mi andò di traverso.
Mi alzai. Tra una decina di minuti avevo un’udienza in tribunale. Fratello e sorella, ambedue anzianotti, si querelavano per quattro metri quadrati di cortile… gran cortile. Una di quelle cause assurde che ti fanno arrivare alla pensione. Appena finita l’udienza, tornai allo stesso bar. Non lo so perché. Dino non c’era più. Nessuno sapeva dove fosse andato. Alla mia domanda tutti scuotevano la testa disinteressati.
Senza prendere niente al bar mi incamminai verso l’associazione cittadina dei cerebrolesi gestita da un mio amico. Dovevo raccontare tutto questo a qualcuno. Mi squadrò con compassione, e il sorriso mi ricordò qualcuno…
Dino ha soltanto vent’anni e nessun amico. Dino vuole bene a tutto intorno a lui, ma… Dino vuole bene persino a una ragazza accanto alla cui bancarella passa ogni giorno, ma lei non nota nemmeno la sua esistenza. Dino non vivrà mai i primi baci, quella passione sconosciuta che sale dal profondo dello stomaco e colpisce dritto in testa… Non avrà mai la patente di guida per guidare una di quelle automobili veloci che guarda sfrecciare accanto a quel ripiano di cemento… Non avrà mai… Dino ha tentato di suicidarsi già un paio di volte.
Giro in macchina per le strade della città, senza meta, ascoltando il notiziario alla radio. Lo speaker parla con voce da automa della volontaria italiana rapita in Afghanistan… L’hanno rapita per far liberare gli amici dalle prigioni locali, amici criminali. Già, i criminali non hanno problemi con gli amici. Lo speaker parla della possibilità che la volontaria sia stata uccisa… Perché faceva del bene. Spero tanto che sia ancora viva. Almeno questo. Se no, dovremmo togliere tutte le targhe con i nomi delle vie che onorano i vari capi militari conosciuti o meno, e rimpiazzarli col nome della volontaria rapita. E di altri come lei. Per far sì che queste targhette insignificanti che in genere ignoriamo, ci ricordino almeno qualche volta che siamo solamente esseri umani e che un giorno potremmo aver bisogno di quelle persone che sanno quanti anni ha Dino e…
Mio Dio, in che razza di mondo viviamo. E quanto è colpa nostra se è ridotto così.
Drazan Gunjaca (www.drazangunjaca.net )

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