Prima degli elleni – V puntata

Di Domenico Scinà – Attualizzazione del testo di Mauro Mirci

Fu soprattutto Dedalo che riscosse i Sicani e li interessò alle arti, poiché le opere di questo scultore, che gli ateniesi giudicarono, se non per la perfezione almeno per la novità, miracolo dell’arte, in Sicilia erano venerate e custodite con grande cura. Una statua, da lui scolpita, che fu poi trasportata a Gela dai Greci, era esposta, per compiacere gli sguardi dei Sicani, in Onface.
Si diffusero in Sicilia gli utensili che Dedalo usava, come la sega, e quelli che, per primo, aveva immaginato, come l’ascia, il filo a piombo, la colla forte e quella di pesce, che aveva inventato. Gli edifici che egli innalzava grazie alla manodopera sicana, educarono questo popolo all’arte dell’architettura e incentivarono la sua naturale intraprendenza; Dedalo è da tenere in considerazione come un personaggio dei tempi eroici, che desiderava accrescere la gloria del suo nome istruendo i popoli e insegnando loro le arti che aveva inventato o perfezionato. Si può quindi affermare che se si deve ricondurre a Dedalo il principio delle arti ad Atene, così sempre a Dedalo si può attribuire l’introduzione delle arti in Sicilia, circa 160 o 170 anni prima di Deucalione, quasi un secolo prima della guerra di Troiai, ossia 1370 anni prima di Cristo.

Ai progressi dei Sicani nelle arti sono da aggiungere quelli nella religione. Oltre al culto di Cerere legislatrice, peculiare delle Sicilia, ove era assai diffuso, ebbe incremento quello di Venere, dea che allietava le nozze e presiedeva ai contratti nuziali. Famoso era il tempio di Venere ericina, che rese ancor più famosi e onorati l’arte e l’ingegno di Dedalo; celebre divenne un altro tempio dedicato a Venere, eretto, non lontano da Camico, dai Cretesi quale monumento in memoria di Minosse. Poiché i Sicani vi offrivano splendidi e continui sacrifici, fu sempre adorato con gran devozione, fino a che, nelle vicinanze, non fu fondata la città di Agrigento.

Questo era il livello di progresso raggiunto dal popolo sicano, quando più popoli si mossero dall’Italia e approfittando del momento in cui le correnti furono più favorevoli, attraversarono su zattere lo stretto di Sicilia. I primi a giungere furono gli Elimi, popolazione originaria dell’Epiro, che respinta dagli Enotri venne a cercar fortuna in Sicilia, insediandosi accanto ai Sicani, là dove si trovano Erice e Segesta.
Cinque anni appresso furono i Siculi a varcare lo stretto; a loro si unirono i Morgeti e altri popoli che li accompagnarono nella migrazione. I Morgeti e i Siculi, al pari degli Elimi, erano di origine Pelasgica e giunsero assieme agli Enotri dalla coste dell’Epiro. Esclusi i Sicani, di origine iberica, si può riconoscere una relazione tra la Sicilia, la bassa Italia e l’Epiro: sicuramente una identità di provenienza; forse rapporti commerciali.
I Siculi, scacciati dagli Aborigeni, erano stati accolti dai Morgeti, che abitavano la parte più meridionale dell’Italia, dall’istmo di Scylacius sino allo Stretto. Così, passati sulla sponda opposta fondarono Zancle, per proseguire il commercio e mantenere comunicazione con i loro antichi ospiti. La maggior parte proseguì oltre, occupando aree sempre più distanti, abbandonate molto tempo prima dai Sicani a causa delle eruzioni vulcaniche che avevano danneggiato i campi e le abitazioni.
Tuttavia i Siculi, molto numerosi, irrequieti e adusi alle armi, presero a estendere i loro confini aggredendo i Sicani, occupandone i possedimenti e muovendo loro continue guerre.
La presenza di colonie di Sicani e di Siculi, di Cretesi, Elimi e Morgeti, diversi per linguaggio, usanze e interessi, fu la causa per cui la Sicilia non poté divenire patria di un unico popolo retto da un solo sovrano, e i frequenti conflitti furono il motivo per cui non si ebbe progresso.
Erano, per fortuna, i tempi eroici, quelli in cui personaggi illustri vagavano per il mondo per far del bene agli uomini, e la Sicilia beneficiò più volte delle invenzioni utili dei popoli stranieri, e abbandonò qualche usanza barbara. Aristeo, molto lungimirante nell’agricoltura e nell’allevamento dei bovini e delle pecore, fu uno di coloro che giunse e si fermò nella nostra isola, che trovò fertile e ricca di mandrie. Insegnò come si innestano gli ulivi e come da questi si ricavi l’olio, e mostrò come produrre miele dalla fatica industriosa delle api, così che divenne celebre e pregiato presso i Siculi il miele ibleo.
Oltre Aristeo visitò la Sicilia uno di coloro che, per forza e imponenza, erano chiamati allora Ercoli, svelti a liberare le campagne dai briganti, favorire il facile e comodo commercio tra i popoli, e introdurre ovunque usi più umani e miti.
Il nostro Ercole, grande condottiero, sconfisse i più valenti Sicani, che ne ostacolavano le imprese ed erano desiderosi di confrontarsi in battaglia con lui.
A Imera e Segesta rivelò l’utilità dei bagni termali e, istituendo nuovi riti e festività, abolì, crediamo, i sacrifici umani, poiché proprio lui, che prima di passare in Sicilia aveva sradicato in Italia l’usanza crudele di immolare esseri umani, poté bandirla anche dalle nostre terre. Infatti, in quell’epoca, escludendo l’Egitto1 , in Fenicia, Grecia, Italia, Tiro e sulle coste africane era costume comune quello di placare con l’uccisione di uomini l’ira degli dei.
I sacrifici ordinati da Ercole in Sicilia, infatti, furono solo di animali, ed egli onorò Cerere e Proserpina, delle cui sventure seppe per la prima volta in Sicilia, solamente annegando un toro nel fiume Ciane, tradizione che, successivamente fu mantenuta con grande solennità dai Siracusani.

Questi e altri simili personaggi eroici, le cui gesta sono state esagerate e rese meravigliose, ci dimostrano in che modo la nostra isola sia venuta a conoscenza di utili e positive invenzioni, e come essa, progredendo nelle arti, nella religione e nell’agricoltura, abbia acquisito costumi e stili di vita più civili.
Lo dimostra il regno dei figli di Eolo, che si costituì non grazie alla loro forza o virtù militare, ma al buonsenso e all’equità, doti delle quali erano in possesso più di altri.
Chiunque sa quanto alti e ovunque risuonassero il nome e la fama di Eolo, signore di Lipari, per il suo sapere, misericordia, giustizia e ospitalità. Egli ebbe molti figli, che non erano meno virtuosi del padre, tanto che i Siculi, i Sicani e altri popoli li acclamarono e riconobbero come loro sovrani. Astioco rimase a governare Lipari; sulla sponda opposta dell’Italia, sino allo Stretto, dominava Giocasto; il dominio di Feramonte e Androcle si estendeva da Peloro a Lilibeo; Xuto governava le terre che furono poi denominate Leontine; Agatarco fondò una nuova città, la chiamò col suo nome e la governò con tutta la regione adiacente.

tratta da www.cronologia.leonardo.it
Il primo frutto del dominio degli Eolici fu il ritorno della pace, dopo una lunga guerra, tra Sicani e Siculi. Tra questi popoli fu stipulato un trattato che è il primo documento, per così dire, diplomatico del quale si fa menzione nei nostri annali e che, purtroppo, è andato perduto assieme ai libri di Diodoro che ne parlavano.
Se, in mancanza di documenti, si volesse dar credito alle ipotesi, si potrebbe reputare probabile che, in tale trattato, il fiume Imera (l’Imera Meridionale, o Salso, n.d.r.), che scorre da Nord a Sud, delimitasse il confine tra i Sicani, ritiratisi a occidente, e i Siculi, insediati a oriente. Cessati disaccordi e guerre, il commercio tra i diversi popoli e le diverse regioni dell’isola fiorì, così come con Lipari e la sponda continentale, ovunque governavano i virtuosi sovrani Eolici, amici e fratelli.
Furono tempi fortunati per la Sicilia, che lasciarono memoria cara e venerata di questi famosi personaggi, sicché i discendenti ne imitarono equanimità e misericordia e i popoli ne onorarono e ammirarono le qualità, tanto da incoronarli re.

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