Matteo, nato il 29 febbraio

di Antonio Musotto

La sveglia ha suonato, e poi si è accesa la radio, con il notiziario di oggi, 29 febbraio.
Oggi si vota, si torna alle urne per decidere se confermare o sostituire il premier.
Mi sono alzato, ho scrutato la mia faccia allo specchio prima di radermi, è sempre la stessa faccia, sono io, Matteo Rossi.
Dopo, vicino al frigorifero, ho detto latte , la giusta dose di liquido bianco è stata somministrata nel bicchiere di plastica, mentre una voce sintetizzata informava che si trattava di latte del presidente, parzialmente scremato, temperatura di 7 gradi ed altre stronzate cui non ho prestato attenzione.
Oggi si vota, potrei farlo comodamente da casa, dal box interattivo sopra la televisione, che non possiamo più spegnere da quanto è stata approvata la legge che ne impone l’accensione continuata, ma ho voglia di uscire.
Passerò prima a prendere i dolci in pasticceria , poi andrò al seggio.
E’ il 29 febbraio, il mio compleanno.
Sul teleschermo ghigna il grande faccione del premier , seguito dal solito spot pubblicitario subliminale.
Mi vesto, indosso jeans , maglione, scarponcini di camoscio, prendo il piumino ed esco.
Accendo il cellulare, ed il jingle di benvenuto mi ricorda come grazie al presidente imprenditore i costi di utilizzo della rete cellulare siano tra i più bassi d’Europa.
Lungo la strada, giganteschi cartelloni pubblicitari sbraitano gli slogan che hanno condito la campagna elettorale, quasi a senso unico per il presidente cittadino, solo raramente qualche spazio lasciato libero ospita le facce smunte dei rappresentanti dell’opposizione.
Arrivo al seggio, prima di entrare vengo controllato da un agente provvisto di metal detector, poi una hostess mi offre un caffè della ditta del presidente imprenditore, mi ricorda che quest’anno le tasse, è certo, diminuiranno dello 0,3 %, mi attacca sulla giacca un adesivo con uno slogan.
I funzionari elettorali hanno la stessa divisa, sponsorizzata dal presidente stilista, registrano i miei dati, mi porgono la scheda e la penna scanner per la votazione.
Entro nel seggio, apro la scheda: a destra, il faccione a colori, sorridente del presidente degli italiani, a sinistra i piccoli simboli degli altri candidati.
Passo la penna scanner sul simbolo di un partito; viene emesso un beep e si accende la lucetta rossa in cima. Ho votato, posso uscire.
Il responsabile del seggio, con sussiego, mi restituisce il documento, lo rimetto in tasca, mentre esco dall’edificio si avvicinano due ragazze, hanno scritto exit poll sui cappellini, vorrebbero domandarmi per chi ho espresso la mia preferenza, ma non è ancora obbligatorio per legge rispondere ai sondaggisti, così mi allontano.
E’ il 29 febbraio, il mio compleanno, mentre cammino con il vassoio dei dolci in mano, passo vicino ad un poster con il volto del presidente costruttore, che annuncia la conclusione dei lavori per il ponte sullo stretto.
E’ il mio compleanno, mi fermo, prendo la mira e gli sputo in faccia.
Un ronzio, è una delle telecamere della sicurezza stradale, si gira e mi scruta con il suo occhio profondo.
Mi allontano velocemente, verso casa, forse riuscirò a mangiare i dolci prima che vengano a prendermi.

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