Piccolo ricordo di Piero e di Filippo

L’altra mattina, con Salvatore Giordano, siano finiti a parlare di Piero Chiara, autore luinese di romanzi e racconti molto noto negli anni ‘70 e ‘80, oltre che per il successo dei suoi libri, per la riduzione televisiva de Il balordo, con l’indimenticabile Tino Buazzelli, e per i film tratti dai suoi scritti. Salvatore non sapeva delle origini siciliane di Chiara e ci siamo trattenuti qualche minuto a chiacchierare della faccenda. “Dalla Sicilia ero stato portato via come semplice possibilità, nel 1887”, scrive Chiara, “l’anno in cui mio padre andò soldato di leva nelle Marche e cominciò ad assaggiare l’aria del continente trovandola buona al punto che, finito il servizio, non tornò più nella sua isola. Si fermò a Napoli molti anni, poi a Roma, altri anni, e finalmente risalì come un’anguilla al nord per andarmi a generare sulle rive del Lago Maggiore.”
Il brano è tratto da “Con la faccia per terra”, racconto lungo (tanto lungo che, nella mia discussione con Salvatore, l’ho chiamato romanzo) inserito in una raccolta che possiedo in edizione Oscar Mondadori del 1978. Narra del viaggio compiuto da Piero Chiara in Sicilia assieme al padre. Il titolo è la citazione della frase pronunciata dal padre, pieno di desiderio di rivalsa: con la faccia per terra avrebbe dovuto strisciare chi gli aveva causato dolore.
Un racconto che è un piccolo ma efficace trattato sul rapporto tra molti siciliani e la terra che non li ha amati. In un dialogo con il prete Don Lorenzino, Piero Chiara scrive: “Sono stati scritti molti libri sulla Sicilia … io li leggo con attenzione perché della Sicilia e in genere del sud ci interessa molto in alta Italia … Lampedusa, Brancati, Sciascia, Levi, Dolci, Aglianò…”
“Non ne ho letto neppure uno”, risponde don Lorenzino, e aggiunge, più avanti: “La Sicilia è un malato immaginario curato da troppi medici. Bisognerebbe che qualcuno, ma dovrebbe essere un taumaturgo, le dicesse: ‘Alzati e cammina’. Nient’altro.”

A leggere Piero Chiara non sarei mai arrivato se non avessi trovato i suoi libri nella biblioteca di mio padre. Amava molto gli scritti di Chiara e, per imitazione, ho iniziato a leggerlo anche io. Bella cosa, l’imitazione: ti fa fare cose che non senti completamente tue, ma in un modo che poi, quelle cose, finisci per amarle e trovarle indispensabili.
Degli anni in cui, per imitazione, iniziai a leggere Piero Chiara, mi manca l’immagine di mio padre seduto, dopo pranzo, a leggiucchiare e pisolare un po’, prima di tornare al lavoro. Lui se ne è andato molto tempo fa, a settembre saranno trentanove anni, e a parlare dei libri che ci piacevano, dei Lanciostory che leggevamo, delle ultime uscite di Urania, non siamo riusciti mai. Mi conformavo ai suoi gusti e scoprivo che erano anche i miei. Procedevamo su binari paralleli. Ci lasciò troppo presto.

Oggi, 19 marzo, festa del papà, il dialogo di qualche giorno fa mi torna in mente e, per associazione di idee arrivo a mio padre. Sarebbe stato bello conoscerlo e conoscerci meglio. Peccato.

[Piero Chiara, nel dizionario biografico della Treccani online]

 

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