Il premier ha la cravatta storta

Ogni tanto mi ricordo di avere una madre anziana e le telefono. Oggi è stata una di quelle volte. Così ci siamo ritrovati al supermercato a riempire un carrello. Lei con le cose che servono a riempire la dispensa di una pensionata, io per acquistare il fantastico albo degli Animali della savana – per mio nipote che ha quattro anni – e rasoi di sicurezza – per me.
I rasoi li ho presi giusto davanti alla cassa, in coda, perché è là che li tengono. Una volta usavo banalissimi Bic monolama, a 300 lire l’uno, oggi uso Gillette Blu II plus, dove II sta per due lame. E mi ricordo che negli anni ’70, periodo in cui la mia barba era ancora lontana dallo spuntare, le pubblicità dei rasoi usa e getta non esistevano poiché nemmeno gli usa e getta esistevano. Usavano le lamette, e la réclame prometteva numeri esagerati di rasature con la stessa lama. Poi venne il bilama: la prima lama estrae il pelo, la seconda lo recide alla radice. Poi il trilama: la prima lama estrae il pelo, la seconda lo recide, le terza gli dà una nuova tagliatina prima che rientri nella pelle.

Poi (inosservato), il quadrilama: la prima lama estrae il pelo, la seconda lo recide, la terza lo ritaglia, la quarta boh.
Vicino ai miei bilama Gillette (€ 2,95) c’erano pure i pentalama (€ 10,85, ma qualche testina compresa nel prezzo), grande pubblicità in questi giorni, e mi son chiesto: ma a che cavolo serviranno cinque lame, a parte causare l’incarnimento dei peletti del collo? Possibile spiegazione, la prima lama acchiappa il pelo, la seconda lo recide, la terza passa e ne taglia un altro pezzetto prima che rientri nella pelle, la quarta, mentre quello stremato sta rintanandosi, lo riacchiappa e gli sputa in un occhio, la quinta gli agita il dito davanti al muso e gli raccomanda di non farsi vedere più, sennò…
Segue pagamento del conto e riaccompagnamento di mammà a casa.
Poi acquisto e lettura del giornale. Il sabato è dedicato a La Stampa, perché c’è Tuttolibri, con la lettura del quale cerco di tirare su il mio livello culturale e mi tengo informato su molti libri che non comprerò mai perché lo stipendio è quello che è e poi, in effetti, mica ce la farei a leggerli tutti ‘sti libri qua. C’è un pezzo su Second Life , che è “un mondo virtuale che è al tempo stesso uguale e opposto al nostro”. Leggo su http://notizie.alice.it/notizia/cybercrimini_second_life.html , che il gioco pare sia tanto coinvolgente da essere finito anche davanti alla polizia: un avatar ha subito molestie sessuali e le ha denunziate alla polizia tedesca (qualle vera, non quella virtuale). Altrove ho letto che alcuni hacker hanno taglieggiato i proprietari di negozi virtuali. Se non pagavano li annegavano nei virus. Rileggo. “Un mondo virtuale… uguale e opposto”. Opposto? Altre notizie interesanti. In uscita per Sellerio Il falsario di Caltagirone, romanzo di Maria Attanasio che racconta la vita di un falsario che si chiama Paolo Ciulla . Ciulla è un nome diffuso a Barrafranca, mentre nella Lombardia (credo, nella Lombardia), ma con una elle sola, non è un nome bensì un verbo, una terza persona singolare del presente indicativo, per la precisione, voce del verbo ciulare, che, per quanto ne so, ha due significati ma non mi pare il caso di stare qui a spiegarli. Sempre in altitalia, sostantivato, il ciula non fa una bella figura. Ciullo (D’Alcamo) era detto l’autore di Rosa fresca aulentissima. Ciullo come diminutivo di Vincenzullo o deformazione di Cieli, che a sua volta sarebbe diminutivo di Micieli (Michele). Ma Dario Fo non è d’accordo, e dedica l’inizio del suo Mistero buffo (ed. Einaudi teatro, 2003) proprio a Rosa fresca aulentissima. Quando ero giovane (un giovane futuro geometra) questo contrasto mi è stato descritto come una poesia delicata e sentimentale (Rosa fresca profumatissima che sbocci sul fare dell’estate). Ma Fo fa giustamente notare che le rose sbocciano in maggio. Poi, ma perché donne, pulzelle e maritate, dovrebbero desiderare la bellissima paragonata alla rosa? E poi, nell’antico linguaggio siciliano, l’astati erano le gonne. Quindi: “che appari da sotto le gonne” (da sotto il sottano, scrive Fo). Insomma la rosa era rosa ma non era ragazza. A mettere insieme il nome del poeta con i suoi versi, si capisce che Rosa fresca aulentissima, di delicato, non ha proprio nulla. Anche perché dalle mie parti, dove il linguaggio è ancora arcaico, ciolla è chiamato l’organo maschile. Ma anche la pigna però. Per tornare a Polo Ciulla… No, impossibile tornare a Paolo Ciulla. Sempre su Tuttolibri una recensione di Sergio Pent a Voi siete qui, antologia di giovani scrittori tra i quali l’ipercinetica Maura Gancitano (del cui racconto si dice che si accontenta di “fotografare il fatto nudo e crudo, la situazione… e sono forse i risultati migliori”). Nel complesso Sergio Pent non mi sembra entusiasta dell’antologia. Ammette che gli autori “sanno anche manipolare la lingua italiana con una certa sicurezza”, ma rileva un’assenza. Assenza di che? Di “una linea di tendenza collettiva”, di un “accenno di determinazione epocale… da cui prendere spunto per dare fiato alle voci veramente nuove”. “Manca l’anima dello scrittore”, scrive Pent “quello che raccoglie le esperienze e le filtra”.
Non ho letto il libro, probabilmente Pent ha ragione però – mannaggia, ora m’incarto -, forse il segno del tempo è proprio la disgregazione, una certa tendenza agli intimismi, agli intellettualismi, alla narrazione frutto di sublimazioni successive di temi ed esperienze. Una narrativa sempre più astratta (è possibile?), sempre più letteraria, sempre più ragionata (a dispetto di un tentativo di avvicinarsi al quotidiano. Un quotidiano che, quando è personale, non è detto coincida con la realtà. Che poi potrebbe essere un riflesso della virtualità della rete (dalla quale proprio i racconti di Voi siete qui provengono), dello iato crescente tra vita individuale e vita comune, della crescente disaffezione alla convivialità a tutto vantaggio del solipsismo incentivato da un monitor. E’ anche questa realtà, o no?

Proseguendo nella lettura de La Stampa, leggo della fuga dallo zoo di Rotterdam del gorilla Bokito, anni 11 (il link è al Corriere, però. Su La Stampa on line non riesco a trovare l’articolo).

Breve intervista a Bokito, nella gabbia in cui è momentaneamente recluso.
“Ma cosa ha pensato quando si è trovato al di là del fossato, in mezzo alla gente?”
“Non so, c’era molta confusione. Ho guardato indietro e non mi sembrava tanto male, ma ormai…”
“Era fuori.”
“Già, ero fuori.”
“E’ stato picchiato?”
“Io?”
“Sì. Quando i custodi l’hanno riportata dentro l’hanno picchiata.”
“No, non mi pare. Ero stordito dai dardi soporiferi, ma mi pare di no.”
“Come ha fatto ad attraversare il fossato?”
“A nuoto.”
“E’ una bella impresa. I gorilla non sanno nuotare. Almeno ho letto così.”
“Ho preso lezioni di nuoto.”
“Scherza?”
“No, affatto. Da una foca. Ma lei non c’entra nulla, non sapeva quali erano le mie intenzioni.”
“Ma dove voleva andare?”
“Guardi, non lo so, pensavo di riuscire ad andare in Africa. Ha visto Madagascar?”
“Madagascar?”
“In quel film ce la fanno a tornare in Africa. Per sbaglio ma ce la fanno. E pure i pinguini.”
“Quali pinguini?”
“Lei Madagascar non l’ha visto.”
“In effetti… Senta, ma perché? In Africa, cioè. Non si trova bene qui?”
“Bene mi trovo bene, ma è un po’ noioso, sempre la stessa vita. Avevo voglia di evadere.”
(Ridono entrambi)
Giornalista: “E’ un bel tipo lei.”
“Grazie.”
“C’è qualche dichiarazione che intende fare?”
“Sì. Vorrei scusarmi con la signora che è rimasta ferita. Mi scuso veramente. Non volevo farle male. Il morso è stato istintivo, tutto quel baccano, mi sono spaventato parecchio. Sono pur sempre una bestia. La prego, scriva che mi dispiace veramente, non volevo. Ho saputo anche che si è fatta male al polso.”
“E’ fratturato.”
“Mannaggia. Mi creda, non volevo, sono mortificato e dispiaciuto.”
La giornalista spegne il registratore.
“Ma veramente ha preso lezioni di nuoto?”
Bokito (ride). “Ma no, prima scherzavo. Ho solo fatto un salto grande grande.”
Giornalista (stupita): “Ma saranno una decina di…”
Gorilla (ride)
“Proprio non me lo vuole dire come ha fatto?”

Su La Stampa altre notizie non ne mancano, ma di particolare interesse mi sembra questa qui.
IL PREMIER HA LA CRAVATTA STORTA , è il titolo. Si parla di Gordon Brown, sostituto del dimissionario Tony Blair alla guida del governo britannico. Con tutti i problemi che uno stato può avere, pensate che la perfida Albione si preoccupa dell’aspetto del capo del governo. “Porta i segni di fatica. E’ timido, goffo, troppo serio col tono pesante professorale.” Si parla di una gaffe: “Si è presentato a un dibattito con occhi rossi di stanchezza e una barba già troppo lunga.” Visto il tono delle critiche, chi avrà più il coraggio di fare appunti un premier che si fa trapiantare i capelli o stirare un po’ le rughe ?

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