di Mauro Mirci
Il paese ci accolse in silenzio. Il comandante precedeva la colonna sul suo grande cavallo nero; aveva l’aria spavalda, come sempre. Non gli avevo mai visto mostrare indecisioni e a volte mi faceva paura l’assoluta inespressività dei suoi occhi. Avanzavamo in mezzo alla polvere che le scarpe malandate dei soldati sollevavano dalla trazzera ripida e irregolare. Giunti all’altezza delle prime case la trazzera si mutò in un acciottolato irregolare, meno ripido ma ugualmente polveroso. Il caldo era atroce e le borracce erano vuote anche se erano passate solo due o tre ore da quando le avevamo riempite l’ultima volta.
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