La solitudine del geometra

Stava nel fondo dell’hard disk, senza nessuna pretesa di venirne fuori. Il titolo, con ogni probabilità (dovrei ricordarmene, ma non me lo ricordo), è stato mezzo copiato da quel del romanzo di Paolo Giordano. Non ricordo nemmeno più dove volevo andare a parare. Potrebbe anche essere il frutto, vedi tu, di una seduta di autoanalisi. ma.mi.

E’ un geometra, di quelli degli uffici tecnici comunali, di quelli che la gente chiama ingegneri. Ingegneri diplomati, a differenza degli ingeneri laureati, quelli che la gente chiama, appunto “ingegneri laureati” soprattutto quando c’è odore di causa in tribunale, e dire “ingegnere laureato” serve a intimidire l’antagonista, soprattutto se ha dato incarico a un ingegnere che ha solo il diploma.

Ringrazia sempre sua madre, che gli impedì l’iscrizione a un liceo perché un diploma è un diploma, e con la maturità classica o scientifica che concorsi fai?, devi andare per forza all’università, e se poi non prendi la laurea resti in tredici come tuo padre, gli mancavano otto esami e lasciò perdere, rimase uno con la maturità classica e nemmeno uno straccio di diploma da maestro elementare, che a prenderlo in tempo ci si faceva qualcosa negli anni ’50 o ’60, la gente faceva figli e le classi si formavano (anche fossero state scuole rurali, poi una strada per sistemarsi l’avrebbe trovata), mica come ora che non si fanno più bambini, e pure quando si vogliono è difficile farli arrivare (sarà qualcosa che c’è nell’aria, o in quello che mangiamo).

E’ un geometra laureato, però. La laurea l’ha presa lo stesso, da geologo “effetto Valtellina”. Dopo il disastro della Valtellina tutti a dire “c’è bisogno di geologi”, tutti a pronosticare leggi per il controllo del territorio, per la lotta al dissesto idrogeologico, tutti a sciorinare proiezioni e previsioni d’impiego per la categoria professionale dal futuro certo.
Non fosse stato per quel diploma da geometra, però, gli sarebbe toccato emigrare (forse in proprio in Valtellina, chissà?), perché poi di geologi nessuno ha sentito la necessità. Soprattutto dove vive lui.
Vanno via tutti. Vanno al nord. Dicono: lì non c’è niente. Quando dicono “lì” sanciscono” definitivamente il senso della distanza dalla terra d’origine. Non è vero, “qui” qualcosa c’è. C’è poco e c’è molto.
Quel poco che in molti si vogliono dividere e quel molto che in pochi vogliono vedere.
Soprattutto molto lavoro da fare.

Aggiungi ai preferiti : permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *