Quelle disegnate da Enrique Breccia per Robin delle stelle, sceneggiato da Carlos Trillo. Mani lignee, spigolose.
Quelle dipinte da Caravaggio ne La cattura di Cristo, intrecciate come ad accettare la cattura e il martirio.
La mani da marinaio (prese da qui straordinariamente simili a quelle di Breccia).
Le mani del Rinascimento.
Le mani da leggere.
Le mani armate.
La mano di Mork (e Mindy)
Mani da muratore (grandi, gialle di calli, tagliuzzate, curate col limone e l’olio per sanare le piaghe).
Mani da impiegato (soffici, esili, la vera ben evidente sull’anulare).
Mani da meccanico (il grasso sotto le unghie e nei pori).
Mani da pugile (massicce, calli sulle nocche).
Mani da leggere.
Mani come biglietti da visita.
Mani per comunicare (col linguaggio dei segni, col linguaggio degli indiani delle pianure, coi gesti dei siciliani).
Il no no no, la cacocciola, l’ok, la vittoria, il vieni qui, l’alt, il muoviti, il fuori, il fatti più in là, l’avanti, il gira di là, il gira a destra, il gira a sinistra, il sali, lo scendi, il tuffo, l’esplosione, l’artiglio, l’omino che cammina, l’omino che balla, che salta, che corre, che gioca a calcio, il t’acchiappo.
Il volo planato, il botto, il fiore che sboccia, la bocca del coccodrillo (del cane, del lupo cattivo), il serpente che striscia, la cosa che saltella, la forchettata di spaghetti, la bistecca sulla graticola, i piccioli (la grana, i sghei, le palanche), il non ce n’è, le corna, la tromba, bere, mangiare, la cappella che spinge, le forme delle donne, la forma del sedere delle donne, la virilità (con l’ausilio dell’avambraccio), alto così (o così, o così), l’e allora?, in quella direzione, la posizione delle uscite di sicurezza, la pazzia, la morte.
Il non ci posso fare niente.
E altro ancora (la mano di piatto, grossomodo parallela al petto, che viene ruotata allontanandola dal corpo e poi riavvicinandola, dal basso verso l’alto.