Rocchesante ancora

Si diceva che nessuno degli abitanti di #Rocchesante avesse interessi (proprietà, parenti, lavoro, abitazioni) in tutte e tre le rocche o solo in una. Ognuno era destinato ad avere a che fare con due rocche. Le sorelle Ruma ad esempio vivevano a San Mattia ma andavano a villeggiare in una casetta di campo ai piedi di Roccalta; Attilio Mandalà, il padre di Elena e Agata, viveva a San Mattia ma da sempre lavorava come geometra del Comune su terreni e case di Roccanera; Nicola Paceco, padre di Renato, era un delinquente di #Roccanera che andava a sparare, spesso di frodo, a #Roccalta. Abitudine che quel debosciato del figlio ha acquisito integralmente.

Questa delle due rocche è una vecchia credenza che aveva un proverbio tutto suo:

“Ni’ una ni’ tri, comu l’occhi:

li rucchisi hannu li pedi ‘nta du’ rocchi”

Né una né tre, come gli occhi:

I rocchesi (più propriamente detti rocchesantesi) hanno i piedi su due rocche.

Ma in #siciliano fa rima e, senza precisazioni sui denominali di provenienza, mantiene anche un certo ritmo.

[La geografia chimerica della Sicilia è ricca di località talvolta ridenti, talvolta meno: Regalpetra, Vigata, Petra, Carrapipi, Marcitero. Persino io ne ho fondata una, rubando il nome a Nino Savarese e collocando centro urbano e abitanti sul monte Gerace.

E, quindi, nasce un nuovo borgo, Rocchesante, nuovo ma anche antico, onirico ma concretissimo nell’entroterra siciliano, nella Sicilia delle pecore e senza mare, dove la modernità è arrivata all’improvviso innestandosi con virulenza su una cultura arcaica e impreparata, dando luogo a crasi surreali?]

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