Pietro Seddio

di Marco Scalabrino

Cose dell’altro mondo. Racconti. Nicola Calabria editore, 2006.

Pietro Seddio, siciliano, da molti anni risiede a Verrua Po PV, dove, parallelamente al suo impegno professionale, ha continuato a coltivare la sua attività artistica e letteraria.
Quale regista teatrale ha allestito pieces di Luigi Pirandello, Federico Garcia Lorca, Curzio Malaparte, Jean-Paul Sartre, Eugène Ionesco, Diego Fabbri, Arthur Miller, eccetera. È stato inoltre tra i fondatori del Gruppo T. M. 17, del Piccolo Teatro Pirandelliano di Agrigento e della Cooperativa Piccolo Teatro “Italo Agradi” di Pavia. Quale scrittore è prolifico saggista (tra gli altri sull’opera di Eduardo De Filippo, di Leonardo Sciascia, di Vittorio Alfieri, di Ugo Foscolo, di Giuseppe Parini, di Nino Martoglio, di Guido Gozzano, di Moliére, nonché su: Le Maschere, Il Teatro Giapponese, I Templari, I Pupi Siciliani) e romanziere: Nido d’Api, Il Calvario, Il Caso Argento, Schegge Impazzite. Ha altresì licenziato alcune sillogi di poesie.
Un autore quindi, sorvoliamo sui prestigiosi premi ottenuti: il “Palcoscenico”, il “Telamone” ed altri, ad ampio spettro.

Ma non dei suoi lavori trascorsi vogliamo in questa circostanza argomentare, quanto della sua recente pubblicazione del 2006. Non un saggio, stavolta, né un romanzo o una antologia di poesie, bensì una crestomazia di racconti, riuniti sotto il titolo di Cose dell’altro mondo.

I NOBILI è il primo di essi.
La “Villa”, residenza collinare tra nodosi secolari ulivi, colonie di fichidindia, cespugli di gelsomino, alberi di aranci e limoni col loro caratteristico odore di zagara, dimora un tempo del casato Alliata, gens che può vantare aristocratiche ascendenze, stemma araldico, carrozze a cavalli, è tornata daccapo a essere abitata.
I nuovi inquilini di quell’enorme caseggiato, preceduti da un certo viavai di camioncini carichi di masserizie e scortati da commenti e pettegolezzi paesani che agognavano l’ipotesi che si potessero ripristinare le declinate vestigia, le riunioni in quelle stanze tra personalità di alto rango che avrebbero deciso le sorti della Sicilia, o magari soltanto le antiche tradizioni (cocente la delusione!), erano una anziana, seppur titolata, coppia: il conte Paolo Volpi, grassoccio, quasi pelato, lenti sul grosso naso, e la N.D. Lietta Casiraghi in Volpi; Marisa, la domestica, e Menico, l’autista, i loro familiari.
Registriamo, prime notazioni, il pregevole Italiano e le minuziose esposizioni di ambienti e personaggi.
Nessuna vita mondana. Scarse le visite. Finché un evento, un , una che, vedremo, avrebbe , ecco incombe.
Il referto del dottore è incontrovertibile: <È la fine. La medicina è impotente.>
Vengono a inghirlandare la straziante atmosfera, a porgere le più vive condoglianze, a irrobustire le fila del gentilizio capannello, il barone Antonio Lupi, stempiato, alto, magro, dall’aria imbambolata e un po’ claudicante, e la moglie Marta, grassoccia, in gramaglie, permanente dozzinale, la contessa Loretta, secca, rugosa e longilinea, vestito e cappello piumato nero, la baronessa Matilde Ricasoli, e finanche monsignor Gustavo Zinetti, un corpo che sembrava un inno alla rotondità e alla buona tavola, a benedire la salma e a recare la consolazione della fede. Singhiozzando, sussultando, agitando il fazzoletto che teneva in mano Lietta Casiraghi gli disse: .
Ma prima di svelare l’identità dell’estinto, delle cui scorribande la casa piombata dovrà d’ora in poi fare a meno, prima di consegnarvi alle valutazioni alle quali, c’è da presumere, l’Autore desidera che tutti noi si pervenga, prima di liberare probabilmente come lui la nostra imprecazione, talune ulteriori osservazioni.
Riguardano le boccaccesche trame fra l’esuberante conte Paolo e l’abbondante Marisa, fra la N.D. Lietta e il taurino ex mungitore Menico, fra il conte Paolo bis e la spiegazzata Marta, fra l’impomatato barone Antonio e l’accaldata e sudata Marisa …
Riguardano ancora l’infingardia di quei patrizi, , e la loro disinvolta etica malgrado il lucido appunto del dottore: e l’ammissione di Paolo: .
Riguardano infine l’atteggiamento a dir poco speculativo del monsignore; il quale ben si cala nel suo ministero allorquando c’è da adempiere al suo dovere d’assistenza spirituale in favore del conte,
, si immedesima nel sacrosanto suo peloso ufficio – se non fosse per lui chissà quanti nobili andrebbero a finire all’inferno e invece lui ne ha salvati tanti – al punto di consentire che la salma venga composta in sagrestia, contempla nella sua ecumenica carità che in taluni casi E allora mastro Filippo, la moglie ammalata e cinque bambini, Alla fin fine
Mentre i necrofori doppiano l’uscio, i blasonati coniugi Volpi, con quella dignità che li ha sempre contraddistinti, confidano che il programmato soggiorno di una quindicina di giorni a Cortina possa riuscire a lenire l’incolmabile perdita di Fifì, il loro …

LA VALIGIA è il secondo dei tre racconti.
Marina e Carlo e il loro matrimonio in crisi, Eugenio in rotta generazionale con i genitori, Rossella neo vedova con i teneri figli Paolino e Sabina, Katy ed Enzo oggi sposi, un giovane trasandato, un uomo col tumore al cervello e, a raccordare la sfaccettata compagine, sul filo dei manici di altrettante valigie contese in una cupa stazione di paese, l’enigmatico Temistocle, alla cui barba folta e bianca
Ciascuno dei protagonisti ha – crede di avere – delle ottime ragioni per trovarsi in quel luogo, quel giorno, a quell’ora, per salire sul direttissimo che da lì a poco sarebbe transitato: chi perché spinto da una condizione, chi per necessità, chi per dovere, chi per piacere, chi per dolore, chi per andare a morire.
Le loro vicende, dissimile l’una da ogni altra, benché illustrate per sommi capi sono proprie della nostra realtà quotidiana, coinvolgenti, e ad esse pertanto vi rimandiamo.
L’allestimento però tra le mura di una stazione ferroviaria … per sé stessa, per l’alone malinconico che effonde, per la svolta che vi si prepara (squarciatone d’incanto il silenzio che da tempo immemore vi regnava) esige l’onore della ribalta.
Piccola, malamente illuminata, deserta, gli uffici ormai disattivati, le stanze murate come pure i servizi di toilette. Prospiciente a quella che era stata la sala di movimento una panchina di pietra. Aperta solo la sala d’attesa, una lampadina al centro, alle pareti bianche le cornici di quadri dove una volta penzolavano gli orari dei treni.
Comune denominatore delle tre storie dunque, oltre alla ubicazione in Sicilia, Palermo, Patti, Valle dei Templi AG, l’impostazione teatrale, nel senso che ciascuna di esse si presta a essere portata sulle scene.
Ma, riguadagniamo il bandolo dell’episodio.
<È in arrivo al primo binario …> Cosa successe qualche minuto dopo è impossibile descriverlo: strilli, concitazione, una corsa spasmodica alla ricerca della propria valigia. Nel delirio, nel fumo del convoglio ansimante, nel caos che invase tutta la lunghezza del marciapiede che costeggiava la linea ferrata, si levò, per magia?, un vento forte, le stanze che erano state murate si illuminarono e si aprirono, dalla grande immensa porta della sala d’aspetto provenne una luce accecante e immediatamente dopo una figura alta, fuori dal normale, tutta vestita di nero, con un volto … e una voce cavernosa metallica che paralizzò tutti: E difatti, tra la meraviglia lo sconcerto l’incredulità degli astanti, tutte le valigie risultarono vuote.
Non intendiamo, ovviamente, privarvi del gusto di scoprire da voi chi/cosa è la misteriosa nera entità, e quali gli sviluppi e gli esiti, prossimi invero, del caso. Anticipiamo unicamente che il lugubre fischio del treno scaraventò nell’abbandono, nel buio e nel silenzio più assoluti, in sostanza nel precedente status quo, quel “palcoscenico” e portò con sé solo due “volontari”. Gli altri, recepita l’antifona, avranno l’opportunità di riscattarsi, la forza di continuare, di puntare a nuovi traguardi.
Realizzazione ben istruita e riuscita, con un efficace colpo di scena: le valigie vuote.

LA PROVA DEL CORO.
Il titolo rievoca la piece teatrale di Broadway da cui il film The Chorus Line. In quelli, la selezione di un corpo di ballo in funzione di un musical; in questa, il cast fatalmente scontato, la scommessa è l’aggregazione di un complesso vocale in vista di un concerto di lirica; nella fattispecie la melodia Va’ Pensiero dal Nabucco.
Il breve preambolo e gli striduli termini “fatalmente scontato”, “scommessa” e “aggregazione” non sono dovuti a casualità. Essi intendono, in qualche modo, gradualmente introdurci all’ambito nel quale, superato il maestoso viale alberato, attraverso una grande cancellata, ci disponiamo ad accedere: l’Ospedale Psichiatrico, in località La Rupe, un mondo parallelo a quello “normale”, un
L’argomento Manicomi o, dalla Legge Basaglia, Ospedali Psichiatrici, , non ha mai smesso, nella società se non sui mass-media, di essere d’attualità. Per ultimo, vasta eco ha suscitato il testo del giovane Simone Cristicchi, vincitore del Festival di Sanremo 2007 della Canzone Italiana, che ha lo riproposto con drammatica crudezza a una amplissima platea.
per i giardini recintati con fitte reti, tenuti d’occhio da infermieri in camice bianco: omicidi, psicopatici, schizofrenici, paranoici, celebro lesi, maniaci di autodistruzione, il paziente 115, incarnazioni di questo o quel personaggio: statisti, rivoluzionari, giuristi e chi più ne ha più ne metta, ed Ammalati, infelici, poveri internati; ovvero, nella concezione della Madre Superiora: animali ringhiosi, bestie!
Ma non sulla malattia insiste il brano in assunto, sebbene appare evidente che tale presupposto ha un peso assai rilevante nel contesto.
disse il bravo, pardon la Superiora.
L’idea dello spettacolo, Serata di Gala – Nabucco di … (solo in seguito verrà conosciuto e aggiunto Giuseppe Verdi) annunciava con caratteri tremanti scritti a mano il cartellone affisso sulla parete di fondo, era venuta in mente a Gisella, l’assistente sociale del nosocomio: suggerita dalle performance di Marco, intorno ai venti anni un provetto pianista, supportata da Claudio, l’unico dei medici al suo fianco, e di certo ispirata dalle letture di Mario Tobino,
E ciò, nonostante le immaginabili ostilità strutturali, a differenti ordini, frapposte.

. Per fede. Perché questi infelici possano riuscire a credere in loro stessi. Ma anche per l’anelito di scardinare un collaudato sistema
Marco, improvvisamente, senza che nessuno glielo avesse chiesto prese I coristi fermi, attenti al cenno del Maestro che non si fece aspettare.
È un miracolo!, esclamò la Madre Superiora.

Le pagine di Pietro Seddio, per nulla fantascientifiche, assumono i toni pacati della denuncia delle situazioni descritte, e ci esortano a riflettere su quelle tematiche, ci impegnano a elaborare, laddove necessitano, delle risposte più acconce, e a smentire dunque l’asserzione di Tomasi di Lampedusa: .
E nondimeno sono certo che, in aggiunta alle mie succinte indicazioni, ogni lettore saprà reperire e palesare altri costrutti, valori, chiavi di lettura.

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2 risposte a Pietro Seddio

  1. Esimio Pietro sto leggendo Andrea Finocchiaro Aprile su CULTURA E SOCIETA’ ove troverai una recensione su Salvatore Catania richiestami da Ager sicanus. Proprio in questi giorni ho scritto un “raccontino” tratto dalla memoria di quando ero decenne…per caso sfiora Salvatore Giuliano. Verrà pubblicato fra breve in BIBLIOGRAFIA MUSSOMOLESE: digilander.iol.it/stirpes cliccando sulla mia foto quella a sinistra.
    N. B. Questa è una scusa perchè voglio dialogare con te. Ciao Calogero Di Giuseppe

  2. Desidero contattarti
    Calogero Di Giuseppe

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