Il geometra del comune – 1

Il geometra del comune non nasce geometra, bensì vigile urbano. Anzi, per la precisione, caposettore della polizia municipale, che sarebbe come dire brigadiere. Il primo giorno di lavoro da brigadiere, il comandante (anzi, per la precisione, il vicecomandante, visto che il comandante non è previsto nella pianta organica) lo chiama e gli consegna un libretto intonso. “Vediamo di consumarlo tutto.” Il geometra del comune (ancora vigile urbano) studia il libretto, e scopre trattarsi del formulario a ricalco delle contravvenzioni. Venticinque moduli in bianco, in doppia copia. Sul retro di ognuno il riepilogo delle violazioni elencate per articolo, comma e sanzione edittale.
Una cosina fatta bene.
Poi, sempre il comandante, lo affida a un vigile anziano e glielo raccomanda, giacché il neoassunto è ancora in borghese e privo della dotazione standard: fischietto, distintivo, borsello bianco, scarpe comode. E il geometra del comune esce in strada col vigile anziano, che sembra simpatico (ha i baffi, sorride e fa battute, tutto sommato, divertenti) ma, strada facendo, gli dipinge un quadro apocalittico di automobilisti feroci, liti sulla pubblica via, malmenamenti di pubblico ufficiale, taglio di gomme e incendi d’auto, quando non di proprietà immobili. Ma il geometra del comune, ancora fresco d’uniforme dell’Esercito Italiano, aduso a impieghi più o meno operativi e forgiato dalla vita di caserma, non s’impressiona più di tanto per le inquietanti prospettazioni del collega.

Allora quello passa dalla teoria alla pratica, e appena entrati al centro storico, di fronte a un’interminabile fila di auto in divieto di sosta (con intralcio al traffico e senza lasciare il prescritto metro dalla parete dell’edificio adiacente in caso d’assenza del marciapiede) gli fa: “Lei si faccia queste, che io vado più avanti.” Bellezza della sintesi, pensa il geometra del comune, ché un’esposizione più estesa sarebbe stata:  Più avanti, ovvero oltre il confine della sua attenzione, dove lei, caro geometra del comune in pectore, ma caposettore municipalpoliziesco in atto, non mi vedrà e sentirà, l’udito sopraffatto dal rumore del traffico, sicché io fischierò a 110 decibel per richiamare l’attenzione dei potenziali multati, e da verbalizzare mi rimarranno in pochi, giusto i sordi, giusto i distratti, giusto quelli che non sanno come funziona, mentre lei li segnerà tutti sul suo bel libretto nuovo, e dall’alto della mie ultradecennale esperienza posso predire, con buona approssimazione, che nel giro di quindici minuti, venticinque tutt’al più, la sua persona sarà assediata da una torma vociante di persone per bene che minacceranno di linciarla qui, seduta stante. E forse qualcuno ci proverà pure.
Il geometra del comune (sessanta sessantesimi al diploma, una laurea, qualche passata e costruttiva esperienza con scaricatori di barili e patate caldissime) annuisce. Si ricorda che, anche se in servizio da appena tre o quattro giorni, è pur sempre il più alto in grado. In questo caso, come attestato dal brogliaccio, è addirittura il caposervizio. “Mi fa vedere come si fa?” dice. “Ecco, cominci a multare questa qui.” Davanti a loro, una 127 blu, con la targa che sembra offrirsi alla copiatura, malandrina e provocante. “Se apre il libretto, le spiego come deve compilare,” dice l’agente anziano. “No no,” dice il geometra del comune. “La multi sul suo formulario.”
L’agente anziano capisce l’antifona.
“C’è caldo,” dice. “Andiamo a berci qualcosa? Più avanti c’è un bar.”
Il geometra del comune dice: “Va be’.” S’incamminano per la via, costeggiando lo schieramento di auto in divieto, attenti a non farsi urtare da quelle che sopravvengono in fila indiana. La via sarà larga, da edificio a edificio, sei metri o poco più, e in quei sei metri son contenuti carreggiata, marciapiede (solo sul lato sinistro), auto parcheggiate, pedoni, espositori dei negozi, vasi con funzione di dissuasori, dissuasori veri e propri. E anche loro due. “Ma che cazzo,”dice con sentimento l’agente anziano. “Ma vedi come lasciano le macchine.” C’è una strettoia. Una 500 L, gialla, è parcheggiata proprio lì. Dietro di loro arriva un furgone. Forse ce la farebbe pure, ma si vede che l’autista non se la sente di rischiare e suona il clacson. Loro sono proprio all’altezza della ruota anteriore destra. L’agente anziano si volta, guarda male l’autista. Quello un poco s’intimidisce, ma poi fa un gesto con le braccia, come a dire: “E che devo fare?”. Allora l’agente anziano porta alle labbra il fischietto. Da una porticina poco più avanti, sulla destra, esce un tizio in giacca chiara, il sigaro tra le labbra, magro e col riporto. “Che c’è Peppe, la devo levare?” “Eh!” dice l’agente anziano. L’altro scuote la testa, si cerca le chiavi in tasca. “Voglio vedere dove devo lasciarla,” dice. La 500 sussulta quando il tizio tira la leva dell’avviamento, poi parte alla ricerca di nuova collocazione. “Visto?” dice l’agente anziano al geometra del comune. “Con un poco di buona educazione si ottiene tutto. Non c’è bisogno di fare per forza le contravvenzioni.” “Ho capito,” dice il geometra del comune.
Il furgone passa. L’agente anziano fa un po’ di gesti con le braccia all’indirizzo della coda che s’era formata, e che fluisce indipendentemente da lui. Quando giudica che il traffico sia ritornato nei limiti di una normale confusione, l’agente anziano dice: “Possiamo andare.”
Il bar è in una piazzetta. Prendono due bibite (è novembre, ma fa caldo) e le consumano al banco. Al momento di pagare il geometra del comune mette mano al portafogli (sotto le armi gli hanno insegnato che è disdicevole, per un superiore, accettare comsumazioni da un sottoposto), ma l’altro protesta, dice: “Che c’entra?” Alla fine l’ha quasi vinta lui. Ma il titolare, dietro la cassa, dice: “Consumazioni offerte,” e così dirime la questione. Il geometra del comune chiede: “Da chi?” “Dal sindaco,” dice l’uomo alla cassa mentre punta il dito oltre la vetrata della porta. Fuori c’è l’uomo della 500 che fa segno col dito, tipo: “Dopo passo per pagare.” L’agente anziano saluta ossequioso toccandosi la visiera; il geometra del comune fa un cenno del capo per segnalare un grazie. Poi chiede all’agente anziano: “Ma il sindaco non era…” “Quello è un ex sindaco,” dice l’agente anziano. “Ma non si sa mai.”
La 500 gialla, adesso, è parcheggiata davanti al bar, nel posto dei portatori di handicap.

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