Gattari.it

delicata storia d’amore di Greta Cerretti

Seduta di fronte a Mauro, osservo il tamburellare delle sue dita ossute sul tavolo di questo squallido pub di periferia. I suoi occhi verdi brillano nonostante il buio del locale, il sorriso è incorniciato da una barbetta incolta che nasconde le rughe del viso da giovane cinquantenne. È bello come nella foto che mi aveva inviato. Su questo non aveva mentito.

Raggiera Giallorossa scrive: Nell’ultimo anno questo forum è stato il mio unico contatto con il mondo esterno. Tu sei la prima ragazza con la quale sono riuscito a parlare di me e dei miei sentimenti.
Truciolo Solitario scrive: Per me è lo stesso. I miei coetanei sembrano tanti Peter Pan, nessuno vuole costruire un futuro, una famiglia, avere dei bambini. Passati i trentacinque, mi sento una zitella.
Raggiera Giallorossa scrive: Io vorrei tanto una famiglia e dei figli, ma troppe barriere me lo impediscono.

Quanto ho dovuto faticare per convincerlo ad avere questo incontro! Sei mesi di corteggiamento selvaggio, in barba alle convenzioni sociali per cui le donne attendono e gli uomini fanno il primo passo. L’orologio biologico corre e io corro ai ripari cercando di tenere il passo. Così un forum dedicato agli amanti dei gatti si è trasformato in un’agenzia matrimoniale per cuori solitari. Mi collegavo per avere informazioni sugli ultimi ritrovati in fatto di lettiere, antibiotici, sterilizzazioni di massa. Con quindici gatti all’attivo a farmi compagnia, nel bilocale in affitto vista Torvaianica, cercavo ogni mezzo per risparmiare sul loro sostentamento. Ne andava della loro e mia sopravvivenza. In breve tempo Gattari.it, sito dalla denominazione burina e dalle frequentazioni basso proletarie, era diventato la mia seconda casa. Ed ecco che una sera leggo le parole di tale Raggiera Giallorossa in risposta all’annuncio di un’adozione per un gattino in difficoltà.

Raggiera Giallorossa scrive: Vorrei occuparmi di questo animale. Purtroppo non posso farlo. A pensarci bene, viste le condizioni disperate, alleviare per sempre le sofferenze del poverino non sarebbe un gesto inumano ma un atto di clemenza.

Ricordo di essere letteralmente balzata sulla sedia e di aver digitato furiosamente sulla tastiera  ASSASSINO, come se le mie sillabe, attraversando lo schermo, avessero potuto incenerirlo.
Raggiera non si era lasciato intimorire dalle mie invettive, mi aveva risposto colpo su colpo risvegliando inaspettatamente il mio animo di crocerossina. Quale assassino, quale essere inumano. Dietro quell’avatar “Curva Sud al Derby” si nascondeva un animo ferito, sensibile, una storia di sofferenza che a tratti emergeva anche contro la sua volontà.
Dovevo sapere, dovevo conoscere, dovevo amare quel cuore disperato. Alla fine ero riuscita a strappargli un sofferto sì, una titubante disponibilità all’incontro.

Raggiera Giallorossa scrive: Quando torni dal viaggio a Sharm El Sheik con tua sorella?
Truciolo Solitario scrive: Il prossimo venerdì.
Raggiera Giallorossa scrive: Allora sabato sera alle 20 ti aspetto al Felix Pub. Tu porta l’abbronzatura, io porto la raggiera.

Mentre sorseggio il mio succo di pompelmo, cerco di restare concentrata sulle sue mani, sui suoi occhi, sul bicchiere di whiskey che gusta lentamente. Qualsiasi cosa pur di non spostare lo sguardo in basso, pur di non rivolgerlo al particolare che mi ha colpita appena entrata. Pur di non rivolgerlo al motivo per il quale mi auguro che stasera Cupido vada in ferie forzate. Pur di non rivolgerlo  al motivo per cui  non si è alzato a stringermi la mano.
La voce di Mauro è rauca, profonda, segnata dal fumo nel timbro oltre che nel sapore. Mescolato al whisky, il suo alito caldo giunge fino a me, mi avvolge in una nuvola di reale interesse.
«Com’è andato il viaggio, Truciolo?»
Di certo non gli è sfuggita la massa ingovernabile di ricci che onora il mio nick.
«Ho avuto qualche problema in aeroporto.»
Mio malgrado, la voce esce simile a uno squittio. Cerco di ricompormi, mentre un fugace sorriso emerge  al ricordo delle mie disavventure.
«Mia sorella ha acquistato per me al souk un vaso di terracotta contenente henné misto a semi di coriandolo. Dice che quella tonalità di  rosso è apprezzata dagli uomini italiani come dagli arabi.»
Sento le guance andare a fuoco. Di certo non è a causa del pompelmo. Più probabilmente è stato il dilatarsi delle pupille di Mauro. Mi affretto a proseguire il racconto.
«Appena l’aereo è decollato, sono stata assalita da mille paranoie. Ho avuto paura che al mio rientro in Italia mi avrebbero fatto storie alla dogana, temevo che lo scambiassero per marijuana e mi arrestassero.»
La risata di Mauro prorompe nel locale, un uomo maturo che si prende gioco di una giovane donna, con semplicità. Con complicità. I pochi avventori si voltano a guardarci e per un momento voglio credere che vedano solo questo. Non provo fastidio, mi sento sollevata. Un breve scambio che mi consegna il sapore dei mesi passati, dell’intreccio di  battute che ha fatto nascere tra noi l’alchimia. Inaspettatamente, mi sento a casa.
«E allora cosa hai fatto? Appena scesa sei andata a costituirti?»
Il suo tono rimane sospeso a metà tra l’ironico e il serioso. Se leggere le sue provocazioni mi dava i brividi, ascoltarle dalla viva voce mi rende il cuore liquido. Inizio a sentire un formicolio ai piedi. Mi domando se anche lui avverta la stessa sensazione, e immediatamente mi pento di quel pensiero.
Mi affretto a rispondergli, confessando in un soffio il mio animo di bambina.
«Sono andata in bagno e ho versato nello scarico  il contenuto del vaso. Non hai sentito al telegiornale? Nuvole verdi odorose di coriandolo aleggiano nel cielo di Fiumicino…»
Mauro sorride appena. Ha tutta l’idea di gustarsi il mio imbarazzo molto più del contenuto del suo bicchiere. Mi guarda di sottecchi come un gatto pronto a balzare sulla preda ignara. So che non potrà saltare su di me, ma non per questo credo che si divertirà meno a giocare con le mie debolezze.
«È  un peccato che non sia riuscita a portare a termine la tua missione di seduzione. Tuttavia, se può servire, ho diversi pregiudizi sulle rosse.»
Non so se ho davvero voglia di giocare questo gioco. Di certo non mi aspetto di essere rifiutata. Non dopo tutta la fatica che ho fatto per incontrarlo, non dopo quello che ho visto arrivando qui. Tento una reazione disperata, menando un colpo alla cieca.
«Non sei il solo ad avere dei pregiudizi.»
Le nere pupille si dilatano nuovamente, oscurando nella meraviglia il verde smeraldo. Mauro termina il suo drink in un sorso frettoloso. Gli angoli della bocca si sono induriti.
Chissà quante volte si è scontrato con questa parola, uscendo perdente da quello scontro. Indistruttibile più del muro che ha accartocciato la sua macchina e il suo futuro dieci anni fa. Ogni giorno lo sguardo di pena negli occhi delle persone lo ha allontanato dal mondo. Per mesi in chat l’ho illuso di essere diversa, illuso al punto di condurlo a un appuntamento galante. E se fino a oggi desideravo solo che questo meraviglioso uomo s’innamorasse di me, dopo aver visto nelle sue ruote un mesto futuro sono qui a sperare che resti innamorato della propria solitudine.

Il volto di Mauro torna nuovamente disteso. Per un momento ho creduto che stesse per andarsene amareggiato. Ordina invece un secondo drink e m’invita a fare altrettanto. Poi chiede al cameriere se può portare una scacchiera.
«Mi hai detto di essere una campionessa. Non hai mentito vero?»
«Certo che no.»
Iniziamo a disporre i pezzi e mentre giochiamo parliamo. Rompendo la fila di pedoni iniziano a cadere le barriere della timidezza, con il salto dei cavalli recuperiamo gli argomenti che ci appassionano. All’uscita degli alfieri ironia e senso dell’humor sono ormai liberi. Quando la Regina sferra il suo primo attacco si trova avvolta in una calda atmosfera d’intimità.
Quest’uomo mi piace. Mi piace come si muove, come ride, come dolcemente mi conduce a parlare di me senza forzarmi, tenendo la mano delle mie insicurezze. Riconosco in questo volto le emozioni che mi hanno fatta sospirare davanti a uno schermo. Al termine della terza sconfitta, Mauro ha dato scacco matto ai miei timori.
Puntuale riappare la paura che ho provato varcando la soglia del Felix quattro ore fa. Se lui non mi ricambia? Di certo la mia infelice uscita sui pregiudizi può averlo condizionato. Ma no. Neanche la ricorda  più.
«È  ora di andare.»
La sua voce è triste e assonnata. Mi guarda dritto negli occhi, le dita hanno smesso di tamburellare. Ora stringono le ruote della sedia. Si accomoda meglio sul sedile facendo forza sulle sole braccia muscolose.
«Grazie per la serata. Mi dispiace se non sono stato onesto con te.»

Ricorda la mia frase, certo che la ricorda. Il rammarico ha sgominato il sonno nella sua voce.
Se non corro ai ripari subito, quest’uomo meraviglioso uscirà dalla mia vita per sempre, e io non mi pentirò mai abbastanza di esserne stata la causa.
Un lampo di lucidità m’illumina la mente. Ringrazio me stessa per aver scelto di restare sobria stasera.
«Semmai sono io a dovermi scusare per non essere stata onesta con te.»
Sul volto di Mauro si compone una ‘O’ di meraviglia. Mi alzo e mi chino verso di lui, cercando di sfruttare l’effetto sorpresa.
«Ho dei pregiudizi verso gli ultras. Per questo non ti ho detto che odio il calcio.»
Gli sfioro le labbra con un bacio leggero, respirando il sollievo che involontario lo coglie. Mi dedica un sorriso stupito, incredulo.
Lo smarrimento dura un attimo. Riprende il controllo di se stesso e mi risponde sfrontato.
«A questo dovremo porre rimedio.»
Vado alle sue spalle, impugno le maniglie della sedia a rotelle e lentamente lo sospingo  fuori dal locale. Determinata e sicura in ogni mio gesto. Come se in tutta la  vita non avessi  fatto altro.

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