di Mauro Mirci*

di Mauro Mirci*
di Giovanni Monasteri
Frequento da tanto tempo gli Stranimali. Questi piccoli quadrupedi neri e un po’ bitorzoluti, quasi acefali eppure intelligenti, mi sono così cari e familiari che risulterebbe difficile, per me, parlarne come di un fatto o di un manufatto artistico – anche se tali sono: gesto poetico, arte, happening che richiede la cooperazione del fruitore per realizzarsi appieno, per moltiplicarsi e ripetersi all’infinito. Ancora più difficile è trovare degli ascendenti, una linea genealogica o evolutiva per questi strani-animali (animali nel senso etimologico, esseri senzienti, dotati di anima e capaci di muoversi). Più facile, allora, tentare una loro breve biografia. Una biografia semiseria, adeguata al mood ludico che è una delle peculiarità di questa produzione artistica seriale ma esclusiva. Un giorno di molti anni fa, l’artista siciliano Cateno Sanalitro, preso da uno dei suoi rapimenti creativi, ingrovigliò fittamente un tratto di fil di rame e ne fece una specie di cavalluccio. Lo pitturò di vernice nera, lo posò su una superficie piana e scoprì che la piccola scultura si muoveva. Continue reading
“Il Pesce Subaereo” di Salvatore Giordano, Nulla Die Edizioni, è appena uscito e sta riscuotendo già un grande interesse. “Perché subaereo?” “È la storia di un pesciolino colorato, una donzella presente nel nostro mare, interessata a conoscere cosa c’è fuori dall’acqua. Inevitabile l’incontro con Alice, una bambina sveglia e simpatica, affascinata dal mondo sottomarino”.
“Una favola illustrata dalla mano di Emanuele Cavarra, anch’egli scrittore, grafico e artista.”
“Emanuele Cavarra è un valente scrittore e disegnatore e proprio in questi giorni è uscito il suo ultimo libro, Il Disegno delle Ombre, che presenteremo a Catania assieme al Pesce Subaereo. Le tavole delle illustrazioni attendono di essere colorate dai bambini a cui questa bella e istruttiva favola piacerà di sicuro”. Continue reading
“Mi sono divertito nel leggere questi racconti. Ho riconosciuto, in quelle storie che cercavano spesso coraggiosamente di non affondare nella nostalgia di un tempo e di un gioco che forse ognuno di noi s’é inventato ricostruendolo e completandolo nella memoria, un tempo e un gioco che non ci sono più, non sono riconoscibili per chi ha cominciato a contare gli anni e i trigliceridi, sempre troppi sia gli uni che gli altri. Le storie di questa raccolta, pur avendo la stessa ambientazione, sono diversissime tra loro. Ma l’averle assemblate ha una sua ragione ispiratrice: partono tutte da un sogno comune alle generazioni pur storicamente lontane una dall’altra. Quello di fare un goal, segnare un punto, sentirsi abbracciare dai compagni (e sbattere in terra nell’euforia omicida dei ragazzi di ogni epoca). Quasi tutti i giocatori (tesserati o meno) hanno vissuto quell’attimo straordinario. Tranne i portieri. Tranne me. Che ho segnato una sola volta sul finire degli anni 50. Ma il goal fu attribuito a un altro che aveva messo un inutile piede all’ultimo momento, a portiere battuto. Nella prossima antologia astrale ve lo racconto.”
di Mauro Mirci
Il 21 settembre è un giorno particolare. È il giorno dell’equinozio d’autunno, ossia la data in cui notte e giorno hanno la stessa durata. Il giorno successivo si lascia l’estate e ci si inoltra nell’autunno. Mi sembra una buona metafora del momento in cui la parabola dell’essere umano raggiunge l’apice e inizia il declino. Non credo sia un caso se il 21 settembre è anche il giorno in cui la comunità internazionale ha deciso di ricordare il morbo di Alzheimer.
Elois Alzheimer fu un neuropsichiatra tedesco che, nel 1906, descrisse per primo la malattia che poi prese il suo nome. I sintomi che Alzheimer rilevò in Auguste Deter, una donna di 51 anni che aveva preso in cura, erano perdita di memoria, mutamenti di carattere, delirio di gelosia, incapacità a provvedere alle cure domestiche e a sé stessa. Per circa settant’anni si è creduto che la malattia colpisse solo persone di età inferiore ai 65 anni e, per questo, si parlava di “demenza presenile”. Tuttavia, è stato successivamente riconosciuta la malattia in pazienti più anziani, con un picco del 30% negli ultraottantenni.
Per ritornare alla data del 21 settembre, Giornata Mondiale dell’Alzheimer, se il paragone con il passaggio dall’estate all’autunno della vita regala un sorriso, vivere l’esperienza dell’Alzheimer e delle demenze in genere è invece devastante. Continue reading
di Mauro Mirci
di Concetto Prestifilippo
Gibellina, Baglio di Stefano. Appuntamento con il compositore Salvatore Sciarrino. Una lunga conversazione nel caldo dell’estate siciliana. Quando gli chiedo una definizione della Sicilia esita. Un tempo immobile. Suoni che rimbalzano nella corte. Sciarrino, sembra inseguire quei suoni: «La Sicilia è un canto nella solitudine», risponde assorto nei suoi ricordi.
La Sicilia di ogni isolano è forse questa. Un personale canto nella solitudine. Un rimando di storie e personaggi. Come quelli consegnati alla letteratura da una gloriosa schiera di scrittori. La Sicilia raccontata, non può risolversi in una mera elencazione di nomi e titoli. Sono esercizi di stile buoni per dotte accademie. In barba ad ogni classificazione, senza ordine, solo per citarne alcuni: Verga, Capuana, De Roberto, Pirandello, Quasimodo, Vittorini, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Borgese, Piccolo, D’Arrigo, Lanza, Savarese, Maraini, Hornby, Bonaviri, Cammilleri, Bufalino, Sciascia, Consolo. Narratori che hanno disegnato un carosello di personaggi balzachiani, il paradigma umano della Grande Isola. Non sono possibili raffronti con altre realtà regionali. Le storie narrate delineano i contorni di una geografia letteraria dell’Isola delle meraviglie. Come in un abbecedario d’antan, si dispiegano le insolite contee letterarie. La provincia di Agrigento con il teatro umano di Pirandello, la passione civile di Sciascia, fino al buon Camilleri e la sua sterminata avventura narrativa. La Palermo impietosa e languida del principe Tomasi di Lampedusa. Messina con la lingua materna e avvolgente di D’Arrigo, la poesia lunare di Piccolo e l’immensa architettura delle parole di Vincenzo Consolo. Catania è quella del gigante Verga e del sicilianissimo Brancati. Binomio inscindibile quello che lega Siracusa al raffinato Vittorini. Ragusa è l’eleganza, non solo letteraria, di Bufalino. La poesia rigorosa di Nino Di Vita ammanta Trapani. Continue reading
di Mauro Mirci
Pochi lo ricordano, ma le mezze maniche erano dei cilindri di tela nera, fermati alle estremità da elastici, che gli impiegati indossavano sopra le maniche dei propri abiti per proteggerle dalle macchie. Si utilizzavano in tempi in cui in ufficio erano presenti pennini a inchiostro di china e tamponi. Per estensione “mezzemaniche” erano chiamati gli impiegati pubblici e, in genere, di livello modesto. George Courteline, scrittore e autore teatrale francese vissuto tra la seconda metà dell’800 e il primo trentennio del ‘900, dedica proprio agli impiegati questo romanzo, pubblicato nel 1893 col titolo “Messieures les ronds-de-cuir”, che ha un significato analogo all’italiano “mezzemaniche”. “Quelli delle mezzemaniche” vede inizialmente la luce su “L’écho de Paris” sotto forma di raccontini dedicati alla vita d’ufficio (la vie de bureau), poi ricuciti e adattati a formare sei quadri corrispondenti ad altrettanti capitolo del romanzo, ambientato in un ufficio ministeriale denominato Donazioni e Lasciti. I compiti di questo ufficio consistono, sostanzialmente nel redigere decreti di accettazione o rifiuto di donazioni allo stato. Compiti ai quali si dedica il personale (i mezze maniche), ognuno a modo proprio e secondo la propria personale visione del lavoro. Questo per dire, a grandi linee, del contenuto del romanzo che chiaramente è una descrizione parodistica e impietosa della varia umanità che popola il mondo impiegatizio. E, altrettanto chiaramente, ogni personaggio incarna uno stereotipo ben riconoscibile, a partire da Lahrier, che fa la sua comparsa sin dall’incipit, alle prese con evidenti difficoltà a giungere in ufficio in orario. Tra un contrattempo e l’altro, Lahier si ricorda che non ha ancora bevuto l’usuale caffè a colazione e “incerto tra il senso del dovere e l’amore per i propri comodi”, decide di dedicarsi una pausa pre-lavorativa a un tavolino del cafè Riche. Ma, per colmo di sfortuna, Lahier si trova così bene da essere indotto a ritardare ancora un poco il suo ingresso in ufficio. Che, quando avviene, ci dà modo di fare conoscenza con il capo ufficio, La Hourmerie. Un bell’esemplare di burocrate dedito al lavoro e al rispetto pedissequo delle regole e delle gerarchie. Continue reading